Quando la fase delle trattative riguardanti la vendita di un’azienda giunge al termine, le parti hanno due opzioni: stipulare l’accordo definitivo o passare attraverso un contratto preliminare di cessione. Di cosa si tratta?
Chi ne sente parlare per la prima volta lo reputa una perdita di tempo, uno step ulteriore che rallenta proprio la fase finale del negoziato. In realtà non è così: il documento spesso ha proprio la funzione di accelerare l’iter contrattuale. Questo perché velocizza, di fatto, la volontà delle controparti di impegnarsi in maniera seria e costruttiva.
Il contratto definitivo di cessione di un’impresa è un atto pubblico o una scrittura privata autenticata. Il notaio interverrà per renderlo effettivo ma non avrà alcun ruolo nell’elaborazione delle clausole in esso contenute. Sarà solo un soggetto terzo non coinvolto riguardo le determinazioni delle parti. Va da sé che negoziazione e definizione delle postille dovranno essere eseguite prima e nel modo più vincolante possibile: per questo si ricorre al preliminare di vendita.
Il documento potrà essere redatto già completo, solo da autenticare, stabilendo a priori che il contratto definitivo non avrà efficacia novativa, cioè “non potrà cambiare le carte in tavola”.
Che succede quando uno dei contraenti – venditore o acquirente – si tira indietro nonostante esista già un contratto preliminare? In questo caso la legge interviene a tutela della parte lesa con la cosiddetta azione di adempimento coattivo (art. 2932 del Codice Civile). L’adempiente, cioè chi desidera rispettare il preliminare, potrà citare in giudizio l’inadempiente e ottenere il trasferimento coattivo dell’immobile alle condizioni già stabilite. Chi ha subito il torto, inoltre, avrà il diritto di chiedere il risarcimento danni.
C’è un’alternativa.
Un’altra soluzione è quella della risoluzione del contratto. Può avvenire se l’inadempimento è grave – facendo riferimento all’articolo 1453 del Codice Civile – ed è eseguita da un giudice competente. In questo caso l’adempiente potrà chiedere il rimborso di quanto già versato o trattenere quanto ha ricevuto (se, ad esempio, c’è una caparra di mezzo), nonché ottenere il risarcimento danni.
Va protocollato presso l’Agenzia delle Entrate dalle parti contraenti e dal professionista che si è occupato della trattativa.
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