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La tutela dei lavoratori subordinati nella cessione aziendale

La tutela dei lavoratori subordinati nella cessione aziendale

La cessione aziendale è un’operazione molto complessa che porta con sé, fisiologicamente, molti problemi di natura contrattuale. Oltre al problema relativo all’esecuzione dei contratti ancora in fase di sviluppo, sorge anche un altro problema di notevole importante, ovvero quello del trattamento giuridico dei lavoratori dipendenti all’interno dell’azienda ceduta.

Ovviamente il legislatore ha reputato necessario proteggere la parte più debole del contratto, ovvero il dipendente. Infatti esso non entra a far parte della decisione di vendita ed, anzi, ne resta totalmente escluso. Questa mancanza di potere decisionale, comporta un obbligo del dipendente di rimettersi alle decisioni prese da cessionario e cedente. Questa condizione ha fatto si che nascesse la necessità di difendere giuridicamente la posizione, assai complessa, dei dipendenti nella fase di cessione aziendale.

Innanzitutto entra in gioco l’articolo 2112 del codice civile che dispone l’obbligatoria osservanza di alcune regole in tema di informativa e trasparenza delle operazioni. In sostanza viene fatto obbligo agli imprenditori di dare motivazioni sufficienti ai sindacati , ai quali dovranno anche mostrare un piano di trasferimento completo e con l’indicazione delle decisioni prese in merito ai rapporti di lavori subordinati preesistenti. Questo permette, in primo luogo, ai lavoratori di prendere visione di quelle che sono le procedure che verranno seguite in fase di cessione aziendale. In questo modo sarà già possibile far conoscere ai collaboratori aziendali quelli che sono i comportamenti che dovranno tenere ed il lavoro che dovranno svolgere.

Sebbene non siano previste norme esplicite in materia di consenso, esiste una corrente di pensiero prevalente nel mondo della giurisprudenza odierna. In sostanza si ritiene che non sia necessario il consenso del lavoratore che viene ceduto, al fine della validità dell’atto di cessione. Questo significa che il lavoratore che dovrà svolgere i propri compiti sotto un nuovo imprenditore, non ha possibilità di esprimere il proprio consenso o il proprio diniego su questo aspetto. Tuttavia, per tutelare sempre la posizione del subordinato, è sempre prevista la possibilità per lo stesso di risolvere il proprio contratto lavorativo con il nuovo datore di lavoro.

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Questo permette al dipendente di non essere obbligato a lavorare per una persona che sia diversa da quella con cui aveva stipulato il suo contratto l’inizio della prestazione. Infatti potrebbe non essere interesse del soggetto offrire la propria prestazione lavorativa ad un soggetto differente da quello con cui aveva accettato di prestarla. Va sempre ricordato che, sebbene la normalità sia la continuazione dei contratti dipendenti con il nuovo imprenditore, esiste anche la possibilità per il cedente di utilizzare alcuni dipendenti dislocandoli in altre attività produttive, ad esempio nella cessione di un solo ramo aziendale, e non esiste quindi l’obbligo di cedere tutti i rapporti.

In sintesi il trasferimento dell’azienda ad un nuovo proprietario non si configura come un giustificato motivo di licenziamento ed i rapporti lavorativi continuano con il nuovo datore di lavoro. In ogni caso è concessa al cedente la possibilità di liberarsi dei vincoli obbligazionari del rapporto di lavoro. In questo caso, però, deve esserci l’accordo con il cessionario ed il tutto deve risultare da un apposito atto scritto in presenza del sindacato.

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