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Approfondimento aspetto fiscale della cessione d’azienda

Approfondimento aspetto fiscale della cessione d'azienda

Dover avere identificato chiaramente tutti gli aspetti fiscali di una cessione aziendale, occorre fare un approfondimento sul ruolo dell’Amministrazione Fiscale nel processo di determinazione del prezzo di vendita. Questo ruolo è andato modificandosi nel tempo, in seguito all’emanazione di regolamenti e sentenze. Per questo motivo cerchiamo, adesso, di fornire un quadro dettagliato della situazione odierna.

Quando ci si appresta ad effettuare una cessione aziendale, si deve tener conto di molteplici fattori per calcolare il reale valore di realizzo dell’operazione. Una volta effettuato questo conteggio, che può seguire metodi differenti di calcolo, si deve tener conto della componente fiscale. Questa, infatti, è molto importante per essere sicuri di trovarsi in condizioni di liceità nei confronti dello Stato ed anche per calcolare precisamente l’imposta di registro. La componente fiscale, in alcune cessioni, potrebbe essere anche abbastanza onerosa e, per questo, è essenziale non commettere errori.

Nonostante le modificazioni intervenute in ambito normativo, di cui si è appena parlato, è rimasta in capo all’Amministrazione Finanziaria l’autorità di effettuare controlli sulle informazioni fornite. Questo strumento viene utilizzato per verificare che il prezzo di vendita dichiarato sia realmente attribuibile all’operazione in oggetto.

Ovviamente la base imponibile per il calcolo delle imposte, è la grandezza che desta maggiori perplessità in capo al Fisco. Su di essa, infatti, verranno calcolate le imposte da applicare alla cessione aziendale e, per questo motivo, deve essere ben chiara e realmente veritiera. Il Fisco ha la facoltà, e l’onere, di verificare sempre la dichiarazione del venditore per comprendere quanto siano fondate le informazioni da lui fornite. Per questo motivo, esso effettuare delle verifiche sulla veridicità del prezzo di vendita e controlla il regolare svolgimento dell’operazione. Una sentenza storica, quella numero 2254 del 2015 della CTR del Lazio, ha però introdotto un nuovo concetto.

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Secondo questa sentenza, il Fisco può effettuare i consueti controlli di veridicità, tuttavia non può dichiarare errato il valore dell’azienda ed aumentarlo, solo sulla base dell’ubicazione che essa ha. Come è chiaro, il valore di un’impresa può, in alcuni settori ed in casi particolari, essere notevolmente aumentato in funzione della sola posizione in cui essa si trova per operare. A seconda del tipo di attività svolta, infatti, essa potrebbe ottenere notevoli vantaggi dal luogo in cui è sita.

Si pensi, solo a titolo di esempio, alla vicinanza con la materia prima di cui necessita maggiormente il ciclo produttivo, oppure alla presenza nelle zone limitrofe di scali aeroportuali o ferroviari che riducono il costo delle spedizioni dei prodotti. Nonostante questi importanti fenomeni, all’Amministrazione Fiscale non viene più riconosciuto il potere di aumentare il valore di cessione sulla base di queste condizioni. Ovviamente un valore maggiore garantirebbe anche un’entrata fiscale di importo superiore, tuttavia attualmente queste sono le regole che devono essere seguite.

Prima di questa importante sentenza, questo aspetto veniva regolata dalla sentenza numero 4117 del 2002 della Cassazione che prevedeva un regime totalmente differente. Infatti, prima del 2015, il Fisco poteva effettuare controlli e rettifiche sul valore di realizzo dichiarato al momento della vendita. In questo caso il procedimento era molto più complesso. L’Amministrazione effettuava regolari controlli e, talvolta, poteva contestare il prezzo che si era prodotto nella trattativa tra cedente e cessionario.

In questo caso l’iter diventava notevolmente più difficile per i soggetti coinvolti. Su di essi, infatti, veniva fatto ricadere l’onere della prova. In sostanza questo si spiega affermando che Il Fisco poteva prevedere un prezzo di valore differente ed era rimesso al cedente l’obbligo di provare il contrario. Quindi per confermare che le informazioni fornite erano realmente indicative del valore dell’azienda in quel preciso momento storico, il venditore doveva provvedere a fornire tutte le prove che gli dessero ragione.

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Si evince facilmente che spesso questa procedura non era così semplice. Inizialmente si possono fornire, infatti, le scritture contabili della società dalle quali dovrebbe discendere un prezzo in linea con quello applicato alla vendita. Tuttavia essendo differenti i metodi che vengono utilizzati per calcolare il valore di cessione, spesso queste informazioni non erano del tutto esaurienti. Questo procedimento era lento e risultava intaccato dall’alto livello di burocrazia presente nel nostro Paese. Per questo motivo oggi le cose funzionano in modo opposto.

Oggigiorno si è provveduto ad invertire l’onere della prova. Questo significa che, una volta effettuata la valutazione dell’azienda, si comunica il prezzo all’Amministrazione Fiscale e si procede alla conclusione della vendita. Il Fisco può sempre effettuare gli appositi controlli e, qualora lo ritenga necessario, può richiedere una rettifica della somma stabilita dalle parti.

Questa volta, però, non sarà il contribuente tenuto a provare il vero valore dell’azienda. Infatti adesso è proprio il Fisco che ha l’onere di provare le proprie richieste. Questo significa che sarà lui a dover fornire tutte le prove necessarie ad indicare che il valore non è corretto. Si può facilmente intuire che il processo di vendita risulta essere molto più semplice per cedente e cessionario. Riepilogando possiamo affermare che l’Amministrazione Statale può ancora richiedere rettifiche e controlli in capo al prezzo di vendita stabilito, tuttavia sarà essa stessa a dover fornire le prove della sussistenza di un errore nel calcolo.

Per completezza di informazione è bene ribadire che le rettifiche di prezzo, imposte del Fisco, non possono in alcun modo essere basate sull’ubicazione della ditta. Sebbene questo aspetto possa incidere non poso sul valore di realizzo, la legge stabilisce che questa non sia una causa sufficiente per richiedere un innalzamento della base imponibile e, quindi, delle tasse da pagare. In caso di imposta di registro si applicano le stesse normative sopra indicate.

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